PICCOLA MISTICA QUOTIDIANA

Piccola Mistica Quotidiana
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Il letto è il luogo dove l’autore-compositore Contini, comodamente sdraiato, ha interamente realizzato questo disco.

Tanto basta per coccolarsi in un’atmosfera onirica in cui la lentezza e l’incanto di uno sguardo possono produrre una creatività immaginifica che non ha confini e che è giusto contraccolpo alle eccessive frenesie del quotidiano in cui le menti rischiano di annegare.

La “rivoluzione inattiva” è il tema cardine dell’album, portata avanti nella dimensione del sonno contemplativo, del sogno, del ricordo, della prospettiva mentale di un domani ideale, e trova la sua sublimazione nella cornice unica del letto, scenario dell’intero album, composto di undici brani, nel quale aleggia la sua presenza, a volte in maniera esplicita altre volte sullo sfondo.

Nelle vite di santi e di malfattori, nei personaggi dei romanzi, nella storia di ognuno di noi, in fondo ai ricordi, nel punto di contatto tra la coscienza e l’inconscio, tra il dovere, il piacere e il riposo c’è infatti questo luogo metafisico dell’abitare. 

Undici brani di musica velata, pastosa e suadente, intessuta di aure di stampo jazz e richiami popolari. Il disco si apre con una Corale a cappella in dialetto romanesco che si trasforma in una alborada sognante e presenta brano dopo brano arrangiamenti fatti di raffinatezze musicali suonate dal quartetto d’archi, accanto ad esplosioni ritmiche ed elettriche. Su questo terreno si muove la calda voce di Contini che non solo si esprime attraverso tante ed insolite vesti vocali, ma qui scrive anche le musiche e i testi di tutte le canzoni, profondi, evocativi, letterari. 

BRANI

Nanna na ninna
Vojo ciuccià sta zinna
Mamma bella non me svejà
Me vonno fa lavorà
Lavora tu padrone ch’io me ne vado ar mare
Solo er sole me fa sudà
Vojo fa quello che me pare
Sempre giocare e poi sognare

Sonno meraviglioso sonno Abbassami le tende e poi Portami nel profondo Sonno antico e dolce sonno Sospendi questa volontà Fammi scordare il tempo E con un grande salto Fammi volare in alto Per poi atterrare controvento Lungo filari di alberi la strada va tra e campagne Sdraiarsi al sole dormire e del sonno sognar Sonno fino a mezzogiorno Ancora un po’ di vastità Fammi restare qui a provar Sonno meraviglioso sonno Abbassami le ciglia e poi Fammi smarrire il senno Sonno ancora un poco dormo Come in un grande varietà Mi trucco e mi trasformo E su un immenso palco Passo da un personaggio a un altro Su strane allegorie cavalco Lasciando al vento quel velo sospeso che c’è sopra le attese Ad occhi chiusi guardare un fellini O un bunuel Sveglia ancora non ho voglia Sonno profeta resta qua C’è tempo per la realtà
Questo vetro bagnato Lascia sfondi falsati Navi d’asfalto fasciate di luce Come un mare respiro faccio nebbia al cristallo Un incanto normale questo neutro osservare Senza ragione mi sento bene Quel lieve torpore quel niente da fare Seguo una goccia nel suo accelerare va giù Sorrido ai serpenti di tutti i colori che volano intorno ai Natali volgari e mi abbandono tra i tiepidi fumi di un the Piove, tutto che scende e si muove Velo di gocce cadenti sopra i catrami lucenti Piove su quello che c’è E non ho più paura come se mi accorgessi che Non me ne frega niente di me Sulla strada bagnata dai percorsi segnati Viaggio legero tra dolci e profumi Se il mio corpo non fosse su una spalla appoggiato Mi potrei addormentare sopra un letto di fiori Chiudo l’agenda con tutti i suoi orari Rimando gli affanni, la pioggia sui panni E mi sollevo guardando dall’alto il mio the E mentre gli ombrelli di tutti i colori Riparano teste da sogni di voli Io mi abbandono mi lascio senza di me Piove, tutto che scende e si muove Piove…. Velo di gocce cadenti sopra i catrami lucenti Piove su quello che c’è E non ho più paura come se mi accorgessi che Non me ne frega niente di me Non me ne frega niente di te

Annodava lenzuoli nella mente come uccello migrante fluttuava
Sopra le teste distratte della gente primavere d’amore respirava
su nel cielo la luna era una falce quando intorno la musica vibrò
sentì forza e l’agilità di un alce nel teatro di casa lui danzò

E la sua libreria divenne folla le sue dita muovevano chitarre
Fatte d’aria scattanti come molla la sua mente viaggiava senza sbarre
Ma il suo volo di colpo fù interrotto abbattuto dal fuoco del dovere
Fu colpito e precipitò di botto sopra i libri dell’obbligo al sapere

Il suo tenero lobo dell’orecchio fu tirato con forza spazientita
Questo gesto compiuto dal suo vecchio riportò la sua mano alla matita
Ma le ali si aprirono di nuovo con la testa tenuta dal suo pugno
Si librò da una trappola di rovo e si stese tra i petali di giugno

Con il tempo il padrone cambiò volto cento volte rifece i connotati
Da una vita comune non fù assolto condannato ai percorsi omologati
Così a stento si prese un bel diploma fu costretto a partire militare
Poi il lavoro con la sua bella soma per pensare alla casa e poi all’altare

Nonostante il percorso della storia ci obbligava alla stessa direzione
Lui sognava la nuova traiettoria fare niente come soluzione
Incrociando le braccia sopra il petto trovò il luogo di meditazione
Si sdraiò adagiandosi sul letto e partì la sua rivoluzione

Produttore di sola fantasia si perdeva nei luoghi della mente
E fu preso da un’idiosincrasia per le bieche richieste della gente
Consumare e diritto a lavorare contro il sano diritto alla pigrizia
E scendevano in piazza per gridare mentre a letto si stava una delizia

La coscienza che ogni creazione si trasforma in materia dal pensiero
Lo colpì come un’illuminazione e la sua fantasia divenne il vero
Così presero forma le sue storie provenienti da mondi sconosciuti
Affioravano lucide memorie come suoni di antichi e dolci liuti

I suoi amici lo andavano a trovare ascoltando magie della finzione
Sanguinanti e trafitti in fondo al cuore Una specie di transverberazione
Così in breve si sparse la notizia che raggiunse ogni luogo ed ogni dove
Di quel nuovo messia della pigrizia che dal letto di casa tutto muove

Ed i sogni inondarono le teste nella nuova postura orizzontale
Da sdraiati era tutta un’altra veste la visione dell’alto era totale
Tutto il mondo si mise dentro il letto disperato il potente imperatore
Qualche ordine vago urlò di petto ma nessuno gli diete il suo sudore

Su nel cielo il disco della luna rifletteva chiarore sopra il mare
E la sabbia che il vento la raduna ferma proprio non ci sapeva stare
Venne l’alba col suo vestito rosso e la luce crescente fece il giorno
Venne il buio di lacrime commosso dall’eterno scandire del ritorno

A volte mi allontano bruscamente In un semplice istante Come fossi un uccello E il movimento pigro dell’eterno Mi appare da lontano nel gesto quotidiano. Quel gesto che somiglia a un cartellino Timbrato da una mano ogni mattino Oppure tutti in fila andare lenti in metallici serpenti Senza che sembri strano Qui ci si reca ogni giorno a lavorare Al pari del preciso movimento Che in ogni istante sposta il firmamento Come se fosse un fatto naturale Un movimento astrale che non si ferma più Come di non poter più sopportare La noia che ci assale nell’ozio d’animale Eppure a stare fermi si sta bene È bello contemplare l’eterno ritornare Ragiono sul lavoro ed il salario Non è poi tanto certo Ne tantomeno eterno Non è il ciclo perenne della luce Ne l’onda che non smette di approdare Ci basterebbe di saper sognare Una nuova età dell’oro al posto di un lavoro Qui ci si reca ogni giorno a lavorare Al pari del preciso movimento Che in ogni istante sposta il firmamento Come se fosse un fatto naturale Un movimento astrale che non si ferma più Come di non poter più sopportare La noia che ci assale nell’ozio d’animale

Il treno parte si muove indolente
Scorre lento il saluto della gente
Sono assorto e prende forma nella mente
Qualche immagine sbiadita del più antico ricordo
Strada bianca e soleggiata
luce come fili senza più colori
ciglia come trame di sottile seta trasparente
ombre, solo contorni di movimenti
suoni distanti
E intanto va Graffiando le rotaie, va
Aprendo ai fianchi la città Fuggendo le pianure, va
Veloce e vaga realtà
Qui nel vetro la mia immagine
Quegli occhi da bambino che… Che volano sugli alberi

Molto tempo fa come preso per mano
Mi ritrovai a salire sopra un oggetto strano
Solo molto più tardi capii che era un treno
Mai mi fù detto dove era diretto
Una donna si disseta
Macchie colorate di un vestito a fiori
Danzano le ombre coprono i bagliori luminosi
Gocce di suono come legno africano
L’acqua diffonde
e intanto va solcando le montagne va
tra le pianure e le città coprendo le distanze va
Veloce e vaga realtà
Qui nel vetro la mia immagine
Quegli occhi da bambino che…
che volano sugli alberi

Nun me guardà, Nun me specchià
Sta faccia de vetro che anima c’ha
‘na mente che penza prevede e se strizza in lacrime
Che vojo di? N’do vojo annà?
Tempesta de senzi e farze reartà
Me coce sto foco che fonne penziero e anima
L’anima more
Vojo sapè perché, perché, noi parlamo de libbertà e poi
Ste sbarre c’ho drento er core e nun so volà
Vojo sentì sfiorà ste mani de vento
Morte, vita, amore senza stà a ragionà

Eccome là riflesso che
c’ha piume c’ha l’ali ma ucello nun è
in questa cornice metafora della vita
vojo scappà vojo sfonnà
sta porta de vetro volà e non penzà
dischiudo le ali me butto e poi m’accontento
d’aria e de vento
senza sapè perché, perché noi parlamo de libbertà e poi
Le sbarre c’ho drento er core e nun so volà
Vojo sentì sfiorà ste mani de vento
Morte, vita, amore senza stà a ragionà

Ti maledico
Stupida vecchia luna
Verrò lassù grande abat jour
Così non brillerai più

Mi tieni sveglio
Nel demolire il buio
Vattene via con la tua poesia
Leziosa ovvia e stantia

Principessa della notte ho solo te
Scintillante luce silenziosa qui per me
Per me, per me, qui solo per me

Ti senti furba?
S’è fatta quasi l’alba
Vorrei dormir, vorrei sognar
Anche un amore…chissà

Sul marciapiede
Polvere e ragnatele
Vai a illuminare le onde del mare
Spegnila questa città

Principessa della notte ho solo te
Scintillante luce silenziosa qui per me
Per me, per me, qui solo per me

Scintillante luce silenziosa qui per me
Per me, per me, qui solo per me
qui solo per me, qui solo per me

Complessivamente una storia come tante
Meschina, storta, comica, banale, travolgente
Coraggio, buonanotte non ne faccia una tragedia
La sua cravatta è storta, si dia una sistemata
Ecco la spiegazione son finiti gli affanni
L’ultimo lembo di giovinezza si rivela coi cinquant’anni
L’ultima nota di sinfonia nuvola vuota che ha fatto pioggia
Solitudine malinconia pace dell’anima che si appoggia

Forse un retaggio antico, un fatto di educazione
Fa sembrare la donna vagamente superiore
Una creatura straniera dura da decifrare
Come di un altro mondo come il fondo del mare
Vedere come finta quella meta lontana
Quel sogno troppo ingenuo di una storia sana
Fermarsi ad osservare quanto è falso il mondo
Fatto di desideri rimasti sullo sfondo

Carte, registri, moduli, telefonate, quietanze
Mani ingombre di penne, rinchiusi nelle stanze
Mani intente a una vite a un incastro a un fissaggio
Documenti di banca agenzie di viaggio
Frenetiche formiche che si danno da fare
Per sete di benessere non ci si può fermare
Mentre vanno i pensieri sconci e squisiti
Di quella bocca speciale, di lei senza vestiti

Dalla finestra accesa si uniscono due (le) ombre
La guancia al finestrino ed quasi mattino
Nel mezzo di un parcheggio con un bidone accanto
La notte è fuori fuoco tra nebbia e pianto

Per quella voce ignota che propaga la specie
Trasformata nel vizio che fa da superficie
Miriadi di notizie farciscono i giornali
E nessuno che parla di desideri carnali
Sembra che tutti pensino alla stato sociale
A una moglie a dei figli a come guadagnare
E lui che se ne accorto ne rimane scottato
Perché di una puttana ormai si è innamorato.

Quel suo vestito a forma di movenze selvagge
E quella giovinezza candida e fuorilegge
E poi quei gesti fluidi quel suo modo elegante
Che danno l’illusione di non sentirsi un cliente.
Ma il fuoco in questo istante ha finito di bruciare
Furore gelosia, quella voglia di urlare
Quello sprigionamento d’amore sfortunato
È finito così con calma se ne andato

In fondo era un capriccio un capriccio borghese
Acquistare un amore senza tante pretese
Senza chiederla in moglie per convenienza sociale
Per stima dignità prestigio familiare
Non si può fare entrare una puttana in casa
Ma si era innamorato, o forse era una scusa
O forse era soltanto allenare il desiderio
Per paura di perderlo di perderlo sul serio

Di prime luci d’alba riflettono i cristalli
Bagliori intermittenti di lampi gialli
Coraggio metta in moto ritorni alla sua vita
È soltanto un amore una storia finita
O una storia infinita.

No Non ci volle del romanticismo Né strategie da grande cacciatore Che mette in mostra azioni esagerate Tutte quante già ben codificate A cui le donne credono da sempre Sceneggiando la farsa delle amate A lui la storia del conquistatore gli dava quel sapore militare Che sottintende l’uso di violenza E contraddice il senso dell’amore Di quella naturale confidenza Che per entrambi sboccia come un fiore Fu bello invece quell’intenso sguardo Che così forte e privo di parole Avvicinava i volti lentamente Non fu scontato il bacio come unione E un senso di giustizia ribaltava L’idea che tutto è rappresentazione Quel gesto di spontaneità sublime svanì improvviso quando quel rumore lo destò e germogliò la convinzione che la giustizia non c’entra con l’amore e chi timido vive nell’attesa non ha diritto a un’equa spartizione Lui concepiva allora il gran disegno Di ritrovar lo sguardo di quel sogno Cominciò a camminare senza sosta Muovendosi all’indietro in una danza Frenetico ed obbliquo saltellava Per guardare negli occhi chi passava Attraversò i colori più diversi pupille e sguardi accesi o a volte persi e un dì quel volto onirico baciato gli apparve con lo sguardo innamorato Si unirono incoscienti che era un sogno E la realtà si trasformò in passato Na na na Na na na La bocca della luna sorrideva E lui supino al mondo la imitava con quel sorriso dolce e divertito Dell’uomo addormentato all’infinito
Nanna na ninna Vojo ciuccià la zinna M’hanno detto che c’ho da fa Me sa che me devo arzà E invece io pe dispetto Me ne rimango a letto

CREDITS

Testi e musiche: Alessandro Contini
Arrangiamenti: Primiano Di Biase tranne traccia 1 e 11 arrangiate da Alessandro Contini
Voce: Alessandro Contini
Pianoforte e tastiere: Primiano Di Biase
Chitarre: Fabrizio Guarino
Basso elettrico e contrabbasso: Stefano Napoli
Batteria e percussioni: Simone Talone

Gli archi presenti nelle tracce 2, 4, 5, 8, 9 sono:
Violino I: Ernesto Celani
Violino II: Patrizia De Carlo
Viola: Lorenzo Rundo
Violoncello: Kyung-Me Lee

Registrato, mixato e masterizzato da Andrea Secchi e Carmine Simeoni alla Forward Studios di Grottaferrata.

RINGRAZIAMENTI

Ringraziamenti speciali a: Forward Studios, Elisabetta Antonini amore di una vita e preziosa consigliera, Primiano Di Biase, Daniela Troilo, Paolo Soriani, i Baltabaren, Andrea Sellaro, Marco zupi, Nicoletta Della Corte, Italo (Lilli) Greco.

VIDEO

Piove
La ballata del sognatore
L’uscita dell’ozioso

FOTO